Sul rapporto tra spazio di creazione e artista

Sul rapporto tra spazio di creazione e artista

(testo di Anna Laura Longo apparso su www.atlante-residenze-creative.org e trasformato successivamente in monologo con apporti pianistici)

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Sui miei archi sopraccigliari

c'è una stanza piena di vapore.


Traballavano sigilli inumiditi

dietro i colpi di una tosse reiterata.


Ma la soglia incisa

è varcata da un nuovo disgelo.


C'è una stanza piena di stupore

dietro gli archi sopraccigliari.


[componimento poetico tratto da Procedure esfolianti - Manni)


L'atto minimo del sorreggere quale nitido presupposto

Il primo "atto" che uno spazio di creazione tende -con magnanimità- a dispensare è dato dall'atto minimo del SORREGGERE: sorreggere l'individuo che in esso si insedia o che vi trova momentaneo appoggio o ancoraggio. Tale individuo si presume essere portatore, oltreché di presenza fisica, di variegati e personali assetti psichico-mentali e inoltre di cariche energetiche e creative. Ma più di tutto egli si caratterizzerà come individuo audacemente intenzionato, vale a dire propenso a tessere avventure temporali ed estetiche che siano degne di attenzione e rilievo, secondo logiche peculiari o piani costruttivi di gran lunga disparati, per risultati all'insegna dell'irriducibilità.

In tal senso, i suoi passi e i suoi attraversamenti (lineari oppure obliqui) potranno dirsi certamente non indifferenziati.

A patto quindi che lo spazio di creazione sia dato come già esistente e configurato, il dischiudersi di una vera e propria vicenda di accoglienza, significativa e amabile (che si originerebbe dallo spazio stesso) potrà verificarsi con probabilità in un istante immediatamente successivo  rispetto a quello caratterizzante l'incontro propriamente detto: una sorta di tomus secundus, che si genererebbe allorquando il primo contatto sorgivo, tra le due forze chiamate in causa, abbia dato modo di delineare una qualche forma - o parvenza- di conoscenza (dello spazio e di se stessi in tale spazio).

Sarà questo di per sé un primo stadio di vicinanza-mistero: confortevole, sapida, attraente.

In definitiva potremo chiamare "nitido presupposto" l'atto minimo del sorreggere, mentre invece l'ospitalità di cui qui si sta parlando, che si intende anzitutto offerta dallo spazio in sé (giacché ancor prima di essere spazio di creazione esso sarà appunto, e segnatamente, spazio-involucro, spazio -grembo) potrà darsi e aprirsi con margini oltremodo variabili di immediatezza o gradualità, a seconda dei casi, delle circostanze.

Ad ogni modo è dalla convergenza di tali aspetti ed elementi consequenziali che potrà verosimilmente scaturire la conformazione di un habitat, ovvero il costituirsi di un tempo limpido e favorevole: tempo liquido-operativo, sentito come fortemente cogente e necessitante per l'edificarsi dell'atto creativo.

È a questo punto del percorso che potrà insorgere, in forma più o meno accesa e inebriante, un costrutto relazionale vero e proprio, che potrà dirsi o farsi esemplare, nella misura in cui esso risulterà esser legato alla vita (vita come esperienza e inferenza col/nel mondo esterno). Nello spazio di creazione il soggetto operante o artista che dir si voglia potrà felicemente e caldamente - ma anche criticamente - adombrarsi, calarsi, immergersi, risvegliarsi.

Dal tremore investigativo al vibrante giorno catalizzatore

Nelle pagine della raccolta poetica intitolata Procedure esfolianti ho fortemente desiderato introdurre un concetto misto e scorrevole di "tremore investigativo". Esso risulta essere strettamente connesso con quelli che sono vortici e i flussi spiralici propri del gesto di creazione, di cui qui si sta parlando. E difatti il tremore investigativo a cui alludo è traducibile in avvincente e stuporoso stato di captazione del reale, visto - quest'ultimo- e concepito di per sé come un qualcosa di ampliato e ampliabile, un reale dunque inarcato e potenzialmente sfuggente rispetto a qualsivoglia forma di cristallizzazione.

Ingrandisci il mondo

con il tocco delle tue dita.

...mi piace suggerire  mediante i versi.

Ma un tremore di tale genere e natura sarà dunque da vedersi - nettamente - come un punto di forza: come un emozionato e accurato modo di disporsi verso l'esterno/interno e grazie a cui ritrovarsi agevolmente accostati e immersi nella creazione. Una creazione che a sua volta sarà parte di una salda, ma flessibile forma di dimestichezza ancestrale.

A tale proposito verrà utilmente incontro Gilles Deleuze quando afferma: " Ci vuole una necessità. Uno che crea non lavora per il suo piacere. Uno che crea fa solo ciò di cui ha assolutamente bisogno".

Si innesta felicemente, dunque, in tale porzione di discorso anche l'importanza del giorno catalizzatore: giorno oltremodo saliente, caratterizzato da specifica luminosità per la dirompenza o emergenza di un'idea o di una forma espandibile o, ancora, di un vissuto traducibile in opera plasmabile, in opera-pensiero.

E si giunge così ad un altro aspetto che qui infine ci riguarda e che consiste nel riconoscere o definire lo spazio di creazione come spazio fondamentalmente conchiuso o meno.

Ma probabilmente ogni spazio, seppur conchiuso, potrà rivelarsi ad ogni modo uno spazio-sentiero e sarà pertanto smisurato e "smisurabile" per l'adempimento di magiche stratificazioni.

Si è fin qui parlato di spazi di creazione assolutamente tangibili  e concretamente agibili.

Non è tuttavia esclusa - né sarà fuorviante - la possibilità di discorrere di spazi e/o stanze di natura poeticamente immaginifica, nei cui vapori risiedere momentaneamente e fugacemente adombrarsi.

Cosicché, continuando a stare nel solco poetico, rimando in conclusione al componimento posto in apertura. Esso sancisce - anzi prende atto- di un siffatto spazio di sapore immaginifico, ammantato di "invisibilità consistente". In esso può trovarsi puntualmente iscritta anche la tematica del disgelo. 

Un disgelo prezioso e vitaminico, produttore di un'agevolazione e di uno smagliante disciogliersi di energie, ancora una volta, creatrici.


In un caso e nell'altro - resta da dire- il nostro spazio di creazione sarà pur sempre una viva e pullulante zona incisiva, luogo di compattezza rara e di prodigiosa e intensa adempienza.





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