Il dispiegamento delle leggi di coerenza in Anton Webern

Il dispiegamento delle leggi di coerenza in Anton Webern

(Resoconto di un percorso formativo, con un'indagine interpretativa relativa a Vier Stücke op.7 ) 

di Anna Laura Longo





Si sono conclusi a metà gennaio 2024 i primi quattro incontri di musica da camera, nell'ambito del ciclo "Musiche dirimpettaie". Si è trattato di un breve ciclo pensato per formazioni in duo già costituite e per pianiste o pianisti interessati ad approfondire in modo specifico e selettivo il repertorio in duo. Il tutto presso lo studio-atelier Territorio di stimolazione sonora in Roma. Come nell'anno 2023, ho guidato personalmente gli incontri, ponendo alla base un'intenzione di flessibilità e agendo, di pari passo, attraverso una premura costante rivolta agli sviluppi di ogni  possibile sottigliezza inscrivibile all'interno del contesto ampio della musicalità. Mi appresto ora a stilare un breve resoconto, dando risalto ai principali aspetti emersi.

Il ciclo è stato dedicato ad Anton Webern (1883 - 1945), con un approfondimento su Vier Stücke op.7 (per violino e pianoforte). Ognuna delle lezioni strumentali è stata accompagnata da una lettura dei principali saggi pubblicati dal compositore stesso. Un risalto prioritario è stato rivolto al volume intitolato Il cammino verso la nuova musica (SE).

Nella composizione in questione viene data una grande enfasi al dispiegamento della leggerezza, in virtù di una presenza di sonorità lievi, che ruotano intorno al piú che pianissimo (ppp). I primi tre brani dei quattro in totale, prendono avvio proprio da questo tipo di connotazione dinamica riguardante il pianoforte, che va ad offrire un sostegno a una coloritura sonora appena piú accentuata, quella del piano, affidata al violino (rispettivamente nel brano n.1 e n.2). Nel terzo brano invece entrambi gli strumenti si situano e si allineano proprio sul ppp. Si tratta di certo di una prerogativa del linguaggio del Novecento. È noto infatti come sia presente  la ricerca di una tavolozza di "colori" e di volumi del suono di carattere via via decrescente, soprattutto se poniamo il tutto in relazione con epoche precedenti. Questa tavolozza si traduce ovviamente in segni dinamici rafforzati nelle due opposte direzioni e mira a raggiungere, perlomeno nelle gamme del piano,  quasi una sofisticata impercettibilità. La creazione di un substrato sonoro pianistico tenue e la discrezione e calibratura nel controllo e nella scelta del tocco sono stati il punto di partenza per avviare l'indagine interpretativa. Solo il quarto brano (l'ultimo nella fattispecie) ha inizio con un fortissimo che viene forgiato dal violino, e che trova la sua eco - a distanza di una sola misura- in un forte certamente carico e avvincente, affidato invece allo strumento a tastiera. Questo incipit arriva in ogni caso come una sorpresa, essendo i primi tre brani, come già segnalato, molto soffici e delicatamente delineati, almeno per quanto concerne il loro esordio e la loro impostazione iniziale. Tuttavia i contrasti dinamici conducono, a breve o lunga gittata, anche su territori opposti, andando a raggiungere il piú delle volte zone di fortissimo (ff) o più che fortissimo (fff) nonché suoni contrassegnati dalla sigla dello sforzato (sf). Senza dubbio la questione del bilanciamento sonoro si è mostrata  di primaria importanza: si  è trattato del principale aspetto a dover essere inquadrato, di pari passo con un avvicinamento alle intenzioni musicali di tipo propriamente compositivo, che hanno richiesto un approccio analitico, almeno di carattere generale.

Per ogni pianista e, piú in generale, per ogni strumentista, si pone costantemente la necessità di cogliere e poi tradurre in risposte sonore appropriate le tipicità della scrittura, generando - tra l'altro - delle differenze di approccio riguardanti i brani solistici in confronto diretto con i brani riconducibili ai repertori cameristici. Nel secondo caso andrà pur sempre constatata la necessità di inoltrarsi in un flusso necessariamente dialogante e tuttavia personalizzato. Le adiacenze tra gli strumenti richiedono in sostanza delle connotazioni aperte e di sicuro cangianti.

ln Vier Stücke op.7, il secondo aspetto pianistico di rilievo e degno di enucleazione è dato dai repentini salti di registro, da affrontare il più delle volte nella morbidezza del tocco.

 Naturalmente, nel nostro caso, non è stato solamente l'aspetto tecnico del salto sulla tastiera ad essere affrontato, ma è stata intravista la possibilità di costruire un'unità fraseologica, in virtú dei salti stessi, grazie a una ricerca di una possibile uniformità, che potesse essere accompagnata da un perfezionamento dei singoli incisi e delle  principali articolazioni interne. Per le stesse ragioni si è rivelato importante l'inseguimento di un equilibrio adeguato anche nel dosaggio dei suoni singoli, in rapporto con quelli presenti in gruppi accordali. Il tutto in stretta relazione con l'andamento, ora segmentato ora piú discorsivo, che interessa in modo peculiare gli sviluppi musicali concernenti i vari passaggi dello strumento a corde.

La questione dei repentini salti ha trovato un ulteriore approfondimento nello studio del Klavierstück (op. postuma), risalente all'anno 1925. Questa pagina solamente pianistica presenta, dal punto di vista del materiale sonoro, delle similitudini degne di nota. Essa impone infatti l'elaborazione e l'assimilazione del concetto di frammentarietà, che si traduce musicalmente in una linea oltremodo accidentata e mutevole, con una predominanza di intervalli larghi. Sia attraverso lo studio degli intervalli, sia  attraverso la conoscenza puntuale e diretta delle dinamiche, il profilo frastagliato e discontinuo, tipico della scrittura di Webern, è stato assorbito, accolto e dunque "restituito" musicalmente.

La ricerca di una soluzione tecnica va pur sempre vista come una conseguenza di gesti coordinati. Questi  richiedono indubbiamente degli aggiustamenti continui, per evitare forme di fissità. Il " come scendere nel tasto" può rivelarsi un qualcosa di elaborato e spontaneo al contempo. Ma si prospetta parimenti l'urgenza di domandarsi come scendere e ambientarsi, anche poeticamente, nella natura di ciascun brano, spingendosi nei  meandri interni, rintracciando un senso recondito, vago o di contro esplicito, piú o meno marcato in termini di profondità.

Dal punto di vista ritmico è apparso necessario  uno studio circostanziato, per lo piú finalizzato a creare un'idonea ripartizione e sovrapposizione, soprattutto in relazione a  figurazioni di terzine su duine, quartine su terzine, quintine su terzine etc., facendo emergere volta per volta le relazioni o i voluti slittamenti tra pianoforte e violino o tra le due mani rispettivamente coinvolte. 

Abbiamo un esempio vistoso, ma ve ne sono diversi,  a mis.7  del brano n.1, dove due quartine consequenziali di semicrome, già presentate dal violino nella precedente misura n.6 e basate improrogabilmente sulle note discendenti di mi bemolle e di do diesis, vanno a sovrapporsi a una terzina di crome, collocata nel primo quarto della mano destra del pianoforte. La sovrapposizione tra quartine e terzine sfocia, nella misura seguente, in un passaggio in cui è la mano sinistra del pianista a scivolare in una terzina che consta questa volta di semiminime, quindi dilatata, vale a dire distribuita su due tempi (nella fattispecie in un metro di  2/4) raggiungendo finalmente il mi bequadro basso. 

Proprio cosí si chiude il brano n.1, inquadrando ancora una volta la dinamica del ppp per quanto concerne il pianoforte, cosí come era avvenuto nell'incipit, ma enunciando, in questo frangente, una triade di natura limpidissima, quella del mi bemolle, allo stato di rivolto. Il violino assapora nel frattempo una pausa, che si dilunga grazie al punto coronato. Si viene cosí avvicinati a un mirabile senso di sospensione. Cosí caro del resto al linguaggio novecentesco. Solo nove battute in totale. 

A proposito del concetto di brevità, collegato con le nuove ricerche di quel periodo storico e soprattutto in relazione alla dodecafonia, così si esprime Webern: "Per lo meno non è possibile scrivere in questo modo musica di lunga durata. Soltanto dopo la formulazione della legge è stato nuovamente possibile scrivere pezzi più lunghi". 

E ancora: " Tutti i lavori che sono stati creati dalla scomparsa della tonalità fino alla formulazione delle nuove leggi della dodecafonia sono brevi, sorprendentemente brevi. I lavori di una certa durata si fondano tutti su un testo (Schönberg:" Erwartung" e "Die glückliche Hand"; Berg:"Wozzeck"), dunque su qualcosa di estraneo alla musica. Con la perdita della tonalità era andato perduto il mezzo più importante per la costruzione di pezzi di una durata considerevole". 

Ribadendo più avanti: "Solo quando Schönberg formulò la legge, furono nuovamente possibili forme di ampio respiro".

Tutti questi riferimenti riconducono dunque verso le prime fasi di costruzione dei nuovi criteri compositivi. Con Vier Stücke op.7 siamo propriamente nell'anno 1910: anche se non ci troviamo quindi a ridosso di un pieno, e soprattutto maturo, sviluppo ne emergono già tutte le premesse e i presupposti. Tornando alle caratteristiche proprie del dispiegamento ritmico, posso sottolineare come l'aspetto legato alla sovrapposizione di figurazioni contrastanti - durante il nostro corso - sia stato accompagnato dalla volontà di determinare delle soluzioni particolarmente scorrevoli e fluenti. 

Nel secondo brano abbiamo un ulteriore esempio da analizzare, in particolare a mis.6 dove, nel pianoforte, è presente  una quintina di crome che trova spazio nel primo tempo di una battuta inquadrata in un metro di 3/4. 

La quintina in questione si sviluppa a ridosso di una terzina ugualmente di crome, ma inframezzata da pause: la prima è affidata nella fattispecie alla mano destra, la seconda invece alla mano sinistra. 

Nel violino ricompaiono di lí a breve delle riconoscibilissime quartine di semicrome (siamo sempre a mis.6) che si apprestano a impostare nuovamente degli intervalli di terze discendenti, in una zona di ritenuto, avanzando tuttavia in senso progressivo con procedimento staccato, abbandonando dunque la stabilità riscontrabile in precedenza. In contemporanea il pianoforte continua ad elaborare per contrasto delle terzine nuovamente intercalate da pause equivalenti. 

Nel brano n.2 sarà interessante  generare un focus sulla chiusura, dotata di caratteristiche a sé stanti. Essa vede affiorare un fff davvero decisivo nel violino e un piano certamente meno esuberante, anzi, necessariamente graduato nel pianoforte, preceduto, quest'ultimo, da un insolito sforzato, da vedersi tuttavia come una derivazione del piano stesso 

Tra i due strumenti dunque, questa volta, si verifica una decisa disgiunzione. Ogni ascoltatore o ascoltatrice potrà di certo avvertirlo. Tale soluzione conclusiva genererà in effetti una singolare impronta, un alone traducibile in traccia mnemonica.

Molto fugacemente mi piace sottolineare come anche la figurazione di sincope oppure i brevi concatenamenti sincopati trovino una particolare collocazione. La sottolineatura di un suono intermedio di semiminima (vale a dire un mi bequadro), appare anzitutto nel brano n .1, a mis.4 , accanto a due figure di crome, collocate lateralmente(nello specifico un sol, proveniente da una legatura di valore precedente, e  a seguire un re bequadro). Questa organizzazione ritmica si dispiega con disinvoltura nella parte del violino.

Restando nella necessità di una moderata espressivizzazione, figurazioni di tal genere, anche quando presenti in passaggi successivi (se ne riscontrano diversi nella linea interna del pianoforte nel brano n.4) tendono ad avvantaggiarsi  di un risalto autentico, garantito proprio dalla tipicità della scrittura e, in particolare, dalla purezza e dalla qualità della costruzione melodica in corso.

Non si potrà fare a meno di segnalare le novità delle situazioni armoniche. Strada facendo esse appaiono piú che evidenti e a dir poco rilevanti. A tale proposito si richiederebbe un approfondimento molto ampio e articolato, impossibile da perseguire in questo resoconto sommario. Basti quindi menzionare la presenza di fascinosi  e lievi accordi, soprattutto di settime, che nell'insieme lasciano percepire e  intravedere un sentore nuovo.

 "Non possiamo più, nell'epoca nostra, comporre lavori alla maniera dei tempi antichi, perché siamo passati attraverso l'evoluzione dell'armonia". Così si esprime Webern aggiungendo: " Noi siamo approdati, in questa nostra epoca, a un sistema di espressione polifonica, e la nostra tecnica compositiva ha profondi legami con i mezzi espressivi dei fiamminghi del XVI secolo, naturalmente con l'arricchimento di tutti i risultati della conquista del mondo armonico".

A tutti gli effetti si dà spazio a un elogio della dissonanza, che viene elegantemente  e discretamente affacciata verso il nostro orecchio, grazie al criterio di vaghezza delle triadi. Quella che si mira a conquistare in questa fase, del resto, è una diversa assertività nell'assetto verticale della musica che si fa piú enigmatica e misteriosa. 

Il tempo delle certezze o meglio la costruzione solida e quasi ferrea delle volute armoniche  tipiche delle epoche passate, si incrina flessibilmente e trova una maggiore liquidità, muovendo in direzione di disarmonie apparentemente sfaldate. L'ancoraggio al terreno sonoro - o il suo parziale disancoraggio - si esplicita mediante numerose e impreviste diversificazioni, innescando quasi un ideale galleggiamento dei suoni. Lo sfaldamento volontario della centralità tonale coincide evidentemente con un ampliamento degli orizzonti conoscitivi. 

" Sono sempre stati mossi rimproveri a tutti coloro che hanno osato imprimere un impulso al progresso. In quest'ultimo quarto di secolo l'impulso è stato senza dubbio molto impetuoso, e si può realmente dire che mai nella storia della musica era accaduto qualcosa di simile. Ma chi afferma che tra consonanza e dissonanza esista una differenza sostanziale, ha torto, perché nei suoni, così come la natura ce li ha dati, è contenuta tutta la sfera delle possibilità.

Si inscrive all'interno di questa importante indagine nella "sfera delle possibilità" un messaggio garbato e al contempo sontuoso, poiché auspicabile e complessivamente valido, a prescindere anche dalle fasi storiche attraversate. Negli scritti del compositore austriaco  - e di conseguenza anche nelle musiche che ad essi si attengono - a più riprese viene rimarcata la necessità di un principio di coerenza. Proprio a questo principio si affidano le istanze ricostruttive dell'arte musicale emergente.

Va sottolineato come i quattro brani appaiano privi di titoli. In maniera spartana essi si presentano numerati da I a IV, essendo accompagnati dalle relative e preziose indicazioni agogiche riportate in lingua tedesca. Ecco di seguito il prospetto:

I.Sehr langsam

II. Rasch

III. Sehr langsam

IV. Bewegt

Organico: violino, pianoforte

Composizione: Preglhof, 1910

Prima esecuzione: Vienna, 24 aprile 1911

Edizione: Universal Edition, Vienna, 1922

Riprenderanno a marzo 2024 nuovi incontri appartenenti al ciclo " Musiche dirimpettaie". Le date sono in definizione.

Per informazioni e dettagli:

annalaura_longo@hotmail.com

Annotazioni

Un decentramento: dalla musica al movimento

In occasione dei quattro incontri si è avuta la possibilità di discutere ampiamente su quali possano essere le modalità di vivere l'ascolto, aprendo un varco in direzione delle facilitazioni possibili apportate dal movimento. Per quanto concerne il brano n. 4, proprio in vista di un potenziamento delle fasi consequenziali di ascolto, di interiorizzazione e di interpretazione vera e propria, ho avuto modo di proporre una fedele riscrittura" corporea",  frutto di una mia personale indagine didattica, puntualmente collegata con la notazione ( riproducendo esclusivamente la struttura e ossatura ritmica del brano suddetto). Si è trattato dunque di mettere in campo dei concetti sovrapponibili, anche legati alle tecniche di apprendimento. Il momentaneo decentramento, che ha reso possibile il passaggio dalla musica effettiva al movimento strutturato, facendo leva su un nuovo modello- cardine, ha consentito una rapida memorizzazione. I primi tentativi sono stati infatti compiuti realizzando la particolareggiata sequenza di movimenti (interamente replicabile e riproducibile) in concomitanza con la lettura dello spartito in questione, ma successivamente privandosene, poiché si è potuto facilmente constatare come fossero  assimilate in toto le tipicità della scrittura, proprio in virtú degli aspetti introdotti. L' intento, sin dall' inizio, è stato quello di poter conseguire ed esplicitare una scioltezza ulteriore nel passaggio alla prassi esecutiva effettiva. 

Il momento piú interessante si è registrato di certo quando è stato richiesto ai pianisti di vivere mediante il movimento le parti violinistiche e viceversa, arrivando pertanto a memorizzare, ma soprattutto introiettare, i percorsi reciproci (avvalendosi proprio di tali integrazioni e scambi) per poter essere in grado successivamente di avvertire diversamente la " presenza" della linea dello  strumento affiancato, avendo oltremodo chiari i vari episodi ovvero i passaggi salienti e inoltre i singoli elementi strutturali. 

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