La costante alimentazione e retro-alimentazione della coscienza uditiva nelle pratiche estemporanee

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La costante alimentazione e retro-alimentazione della coscienza uditiva attraverso le pratiche estemporanee
di Anna Laura Longo
"Non concepisco un'educazione musicale e tanto meno un'iniziazione musicale senza libera espressione". Violeta Hemsy de Gainzacosì esordisce nell'introduzione al libro che porta il titolo L'improvvisazione musicale (RICORDI), di cui è autrice. Tenterò di ripercorrerne sinteticamente le tappe andando a creare, strada facendo, un confronto diretto con dei risultati ben più recenti. Può infatti risultare interessante una rilettura del volume in questione (la cui prima edizione risale all'anno 1991), in vista di un'integrazione con materiali, stili di pensiero e idee nettamente vicini all'oggi, operando tuttavia dei raffronti con campi "altri", apparentemente distanti, ad esempio quello dell'architettura. Più automatico, e comunque benefico, potrebbe apparire di certo il rapporto con il teatro, la danza o le arti visive. L'avvicinamento tra le varie pratiche, in ogni caso, potrà andare a creare un'affascinante trait d'union tra mondi e progetti e portare a galla un modo di intendere le istanze costruttive in senso davvero esteso.
Risulta noto anche l'assunto su cui si basa  Edwin E. Gordon (ideatore del metodo omonimo, che ormai gode di una larga diffusione a livello internazionale) che porta a sostenere quanto segue "L'improvvisare in musica è quanto c'è di più vicino al parlare nel linguaggio comune". La strada che va incontro alla musica è quindi strettamente legata ai processi di libera esplorazione. Si tratta di predisporre e compiere continuamente esperienze che portino lontano dalla stereotipia.  
Da questo punto di vista viene continuamente ribadito da Hemsy de Gainza come il campo dell'improvvisazione educativa sia praticamente infinito. Quello che viene suggerito, d'altra parte, è un uso razionale della tecnica della consegna, necessaria per ottenere nuove forme di creatività. In gruppi, in esperienze solistiche  o in realizzazioni e pratiche miste.
Prima di procedere con un inquadramento sommario dell'opera di Hemsy de Gainza (pianista e ricercatrice nata il 25 gennaio 1929 e scomparsa il 7 luglio 2023) sono interessata a portare a galla, molto sinteticamente,  i risultati   di ricerca dello Studio  Mumbai Architects, che ruota intorno all'affascinante  figura di Bijoy Jain, architetto indiano fondatore dello studio in questione.
Diversi aspetti potranno esser  visti come "indicatori di strade" o potranno a tratti apparire illuminanti, volendo propriamente tornare a muovere i propri passi nel terreno sonoro. Ciò che più conta, come già detto, è guardare ai procedimenti e alle pratiche con versatilità conoscitiva e metodologica. I rapporti osmotici tra le diverse teorie e pratiche, ma anche l'intraprendenza nella loro miscelazione, potranno in tal senso assumere dei tratti preziosi. L'impostazione che si vuole suggerire o indicare è, dunque, legata a un'individuazione di paesaggi culturali, visti nella loro orizzontalità.
Per parlare di Bijoy Jain ho voluto riprendere in mano un vecchio numero della rivista Abitare (il n.523 nella fattispecie), che mi aveva già molto interessata in occasione della pubblicazione e dove viene descritta e documentata l'originale attività dello studio di architettura su indicato, che si avvale di architetti e di esperti artigiani i quali progettano e costruiscono "direttamente" l'edificio, avvalendosi di una considerazione sapiente per il luogo. Quasi una forma di non-progettazione (spesso la pratica non si avvale propriamente di disegni) e dove la competenza - più che riconosciuta- può essere riversata diversamente sull'azione  del costruire.
Nell'intervista titolata Lo spazio della condivisione, firmata da Franceso Garutti, possiamo immergerci nel seguente racconto, che scaturisce da una conversazione evidentemente molto onesta e, per questo, chiarificatrice:
Ho vissuto un conflitto tra due mondi, da un lato ciò che avevo imparato negli Stati Uniti, dall'altro ciò verso cui ero fortemente attratto. Molto presto mi furono commissionate due piccole case. Passai molto tempo a concepire il progetto e solo successivamente mi recai sul sito di costruzione. Ero seduto lì, disegnando dettagli a scala naturale, e tutte le persone intorno a me, quelle che avrebbero dovuto costruire gli edifici, mi osservavano sconcertate, senza capire cosa dovessimo fare davvero.  Nemmeno io a quel punto ne ero più sicuro. Certo si trattava di architettura ma...Credo sia stato quello l'attimo in cui è cominciato tutto. Abbiamo preso i miei disegni e li abbiamo messi da parte. Il processo di costruzione di quegli edifici fu completamente diverso da come l'avevo immaginato... Che cosa era stato importante?  La forma o qualcosa di molto più complesso che si era generato nel processo? Ero interessato alla relazione tra ciò che era in qualche modo " familiare, controllabile" e ciò che non lo era, al fatto che nessuno potesse sapere come il lavoro si sarebbe concluso. Ero attratto dall'idea che il progetto potesse solo anticipare, peraltro parzialmente,  tutte le potenzialità del processo che si esprime in situ."
Sapere o non sapere. Controllare o non controllare pienamente. Pre-figurare agilmente e, dunque, pianificare sin nei dettagli o, al contrario, non avere affatto la prerogativa di immettersi o " ambientarsi" in una finalizzazione esplicita e pre-ordinata.  
In seguito alla lettura del racconto di Bijoy Jain, le riflessioni più immediate credo possano vertere sul significato e sull'importanza del "fare affidamento".  A cosa è possibile dunque affidarsi volta per volta: alla forza del  progetto o a quella del processo? A un'esplicita certezza di "direzione" con un chiaro approdo di tipo conclusivo o a un' ipotesi (anzi, sarebbe giusto dire una convalida) realizzativa offerta quasi istantaneamente dall'esperienza in corso, in virtù di una maturazione e coerenza data proprio dal momento vissuto? Senza pretesa di alcuna centralità, nelle arti è sempre più evidente come le procedure  e gli assunti di base, pur nella loro diversità di impostazione, possano condurre a  risultati convincenti, solidi o in vario modo fluenti. Ad ogni modo leggendo le parole di Bijoy Jain abbiamo le prove di come riescano a prendere corpo possibilità alternative di gestione delle pratiche costruttive, e di come le istanze assunte come fondamenti possano via via direzionarsi verso ipotesi dai risvolti imprevedibili. Possono in sostanza essere avviate procedure e disegnate strade metodologiche coerenti, collegate con  possibilità svariate di invenzione, di creazione, di progettazione e dunque di estetica.  
Dopo questo preambolo, solo parzialmente digressivo, sarà possibile passare effettivamente a dissezionare le principali aree del volume L'improvvisazione musicale : 82 pagine in totale, all'interno della collana  Metodi e strumenti didattici, con traduzione di Rosanna Pelà. Sono celebri le copertine della collana realizzate da Bruno Munari.
Nel paragrafo intitolato Fondamenti dell'improvvisazione musicale. Sintesi ed esperienze appare chiara la necessità di lavorare musicalmente per fornire un'agevolazione rispetto al mettersi in contatto con il proprio mondo sonoro interiorizzato.
La ristrutturazione di tale "archivio interiorizzato" non dovrebbe mai interrompersi: si tratta infatti di un linguaggio potenzialmente pronto ad emergere.  
Attraverso dei passaggi consequenziali, nel libro, si passa agevolmente a scandagliare e analizzare rispettivamente i  Materiali dell'improvvisazione, gli Obiettivi , le Tecniche.
Cos'è l'improvvisazione? Ci si domanda quasi a voler creare un basamento (tornando per l'appunto a un lessico  legato  sia al mondo dell'arte che a quello dell'architettura), per un successivo avvio di esperienze fattive e volta per volta mutevoli, dunque ri-costruttive. La risposta efficace, benché succinta, è la seguente: si tratta di un'attività proiettiva tradotta in un'esecuzione istantanea. Tale attività, come ben sapiamo, può basarsi alternativamente o simultaneamente su materiali  desunti dal proprio ambiente circostante (o ad esso ispirati) o può invece sorgere dalla ricchezza del materiale interiorizzato. Quest'ultimo, pertanto, andrà  continuamente considerato come un fulcro ineludibile. L'immaginazione visuale e motoria, da questo punto di vista, potranno rivestire un'importanza fondamentale.
Due tendenze in genere si ritrovano ad affiorare e a trovare concretezza: la prima si pone di imitare (gesti, modelli, stili, pratiche) la seconda conduce invece a una determinazione di modelli propri. L'attività imitativa dunque costituisce solo un tassello del tragitto.
Per quanto concerne le tecniche dell'improvvisazione può essere utile tener presente come possano essere utilizzati, e quindi elaborati volta per volta,  degli stimoli musicali veri e propri, ma anche degli stimoli extra-musicali. Le scelte compiute mirano pertanto a creare diversi "climi" talvolta con proiezioni nel campo affettivo: rotondità, asprezza, sottigliezza e angolosità (o caratteristiche simili), possono esser tradotte agevolmente in forme sonore. Il suggerimento dell'autrice è quello di operare attraverso "simmetrie visive", per arrivare a scoprire, da un punto di vista esperienziale, riferimenti  svariati a vicende e fatti esterni. Può trattarsi ad esempio di riferimenti al mondo reale o specificamente ambientale o ancora possono esser presi in considerazione dei riferimenti che riconducono al campo meccanico-operativo, umano o animale e via dicendo. La relazione tra quanto è stato interiorizzato e quanto arriva ad essere espresso, anche in tal senso, può assumere un grande rilievo.
Possiamo a tutti gli effetti parlare di un assorbimento, accompagnato da un'interiorizzazione di forme nuove. Tutto ciò può essere posto in confronto con l'esteriorizzazione di ciò che l'individuo già possiede. Anzi, proprio l'integrazione di entrambi i processi conduce alla comunicazione e alla presa di coscienza. ll "gioco libero"  seguita a rialimentare (in una costante retro-alimentazione) la coscienza uditiva.
Cronaca di un documento è il titolo di un resoconto che riporta in dettaglio un'improvvisazione vocale spontanea compiuta da una bambina di venti mesi (siamo a pag.18,19,20 e 21). Questo resoconto, che chiude la Parte prima, desta curiosità e interesse poiché fornisce i dettagli di un impiego evidentemente elementare e quasi inintelligibile del linguaggio parlato: è presente infatti una vera e propria trascrizione su pentagramma della suddetta realizzazione vocale. Essa attira la nostra attenzione per la varietà di prospettive dispiegate. Emerge in effetti un'incredibile ricchezza degli aspetti musicali esteriorizzati, pur in tenera età, che può indurci a portare avanti utili riflessioni e osservazioni che hanno a che fare con lo schema melodico o, al contrario, con la disintegrazione melodica o ancora con l'espressione musicale spontanea e istantanea, in senso esteso.  
La seconda parte del volume verte soprattutto sulla tecnica della "consegna" nell'improvvisazione. Viene quindi, a tutti gli effetti, sistematizzata la consegna, sia nell'esecuzione strumentale sia nell'esecuzione vocale.
"La consegna del coordinatore guida (o della coordinatrice-guida) serve a scatenare, attivare, canalizzare, orientare il processo e a dargli coscienza". Così leggiamo. Ogni consegna si riferisce a un tema variabile, che può prevedere uno o più aspetti controllati o, per contrasto, aspetti totalmente liberi e aleatori.
Viene approntato a partire da pag. 25 un  glossario, per consentire di orientarsi nell'ambito del lessico specifico riguardante la materia, facendo una certa chiarezza sulla terminologia. Azione creativa, pensiero creativo, sentimento creativo, vengono riuniti ma anche volutamente tenuti disgiunti per poterne sottolineare le particolarità o differenze. Viene anche ricordato come lo sviluppo della creatività debba procedere di pari passo con il consolidamento della tecnica strumentale. Il tema delle consegne passa attraverso ripartizioni tra forme semplici o composte (attraverso continui rimandi a possibili realizzazioni individuali o in gruppi) contemplando consegne primarie, secondarie o sottoconsegne. Facendo ricorso inoltre a microstrutture e macrostrutture. Queste ultime emergeranno e sorgeranno proprio dalla strutturazione delle microstrutture.
L'intento potrà essere quello di provocare un flusso sempre più denso di  materiali. Non va sottovalutato l'effetto benefico dell'azione espressiva e comunicativa in sé e  l'importanza dell'improvvisazione proprio come tecnica pedagogica.
La consegna - ribadisce più di una volte l'autrice-  potrà essere riempita di contenuto e grandemente arricchita di situazioni. Da questo punto di vista l'improvvisazione può trovarsi al servizio  di un processo di crescita, integrale, equilibrato. Curare gli aspetti formali e la qualità del contenuto restano pertanto alcuni degli scopi principali. Vengono forniti a lettori e lettrici numerosi esempi di consegne, con criteri di classificazione appropriati. Spesso è presente una sottolineatura degli aspetti affettivo-mentali, con ulteriori chiarimenti riguardo la presenza e co-esistenza di possibili concetti opposti: si arriva in effetti a parlare di  livelli di formalizzazione e ancora di  forma presente/assente  o  di forma esteriorizzata/indotta (vale a dire generata da una dinamica di azione prestabilita o parzialmente concordata). Evocazione e imitazione, presenza di  regole o di automatismi: sono tutti elementi in vario modo tratteggiati o efficacemente elaborati.Si affronta anche il tema dell'improvvisazione aleatoria con un approccio visivo. Abbiamo così diversi esperimenti  e " giochi musicali" sviluppati da Liliana Alpern (a partire da pag. 43) nei quali vengono indicati i materiali, le caratteristiche dei partecipanti, le condizioni di inzio, le modalità di svolgimento e i risultati finali. Tra gli altri nomi presenti, da prendere in considerazione come punti di riferimento, si potrà segnalare Brian Dennis (che prevede diagrammi che rappresentano la concatenazione sonora), E. Jacques Dalcroze, Murray Schafer, Bert Konowitz, Patricia Stokoe, Ruth Harf e altri ancora.
Alcune scelte terminologiche appariranno un po' desuete, ma non al punto da rendere poco agile o scorrevole la lettura.
Il libro offre in sintesi dei contributi preziosi a tutti coloro che, a differenti livelli, sono interessati alla qualità del linguaggio musicale. Qualunque possa essere la scelta di attivazione sonora o la forma di appropriazione metodologica prescelta, all'interno di una vicenda sonora vera e propria, il rigoglio inesausto lo avrà pur sempre il suono, fascinoso catalizzatore di situazioni aperte e mutevoli e, soprattutto, propugnatore di rivelazioni nuove. Per l'ottenimento di un suono di tale natura sarà pur sempre necessaria la conquista graduale di un gesto confortevole, naturale, libero.

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